Stato di carica delle batterie e ricarica a valori costanti (batterie a elettrolito liquido)

Esempio di batteria da 100 Ah


Stato di carica della batteria compreso tra 80% e 90% – è opportuno ricaricare la batteria a 1/10 della capacità per 1 ora per stabilizzare la carica (es.: batteria da 100 Ah, ricaricare a 10 A per 1 ora)

La batteria deve essere ricaricata

Sotto i 12,2 V la batteria è in stato di solfatazione, quindi necessita di 2 fasi di carica
per sciogliere i solfati; è necessario controllare la tensione 12 ore dopo la fine della
carica completa per verificare che corrisponda ai valori di batteria carica

NOTA:
non impostare mai la ricarica oltre il 10% della capacità nominale della batteria

Stato di carica della batteria – S.o.C.

SoC – Stato di carica della batteria in rapporto alla densità e alla tensione. 
Se la batteria è già stata sottoposta a carica lenta completa i valori di densità rilevati si riferiscono allo stato di efficienza della batteria


Densità della soluzione elettrolitica in funzione della temperatura


Lo stato di carica S.o.C. è un parametro molto importante per il buon funzionamento e la durata e per la valutazione dell’efficienza di una batteria. Esistono vari metodi e strumenti per stabilire lo stato di carica di una batteria, ma per ottenere una misura attendibile è molto importante fare attenzione alle condizioni di prova (temperatura e tempo di riposo).

Funzionamento della batteria al piombo-acido

Fase di scarica


La batteria è inizialmente caricata chimicamente durante il processo di fabbricazione. Le piastre positive sono costituite da piombo ricoperto da biossido di piombo (PbO2), mentre quelle negative sono di piombo metallico poroso (Pb). Per via della diversa composizione chimica le due piastre costituiscono una coppia elettrolitica che genera una differenza di potenziale elettrico a contatto con la soluzione elettrolitica di acqua distillata (H2O) e acido solforico (H2SO4). La soluzione acida genera la reazione elettrochimica e assicura la conducibilità elettrica tra le piastre all’interno della cella.
Con la concentrazione standard di acido al 33%-38% la densità dell’elettrolito può variare da 1.250 gr/litro nei climi caldi a 1.300 gr/litro nei climi freddi.
Nella nostra zona temperata la densità dell’elettrolito si stabilizza intorno a 1.270 – 1.280 gr/litro. Collegando un utilizzatore R ai poli la differenza di potenziale tra gli elettrodi genera una corrente elettrica all’esterno e all’interno della cella, come si può vedere dalla figura. Il flusso di corrente esterno alla cella causa i tipici effetti della corrente elettrica: calore, luminosità, campo magnetico. Internamente la reazione elettrochimica tende a ristabilire l’equilibrio elettronico tra i due elettrodi carichi con polarità opposte, fino alla completa scarica della cella che si manifesta con la perdita di densità dell’elettrolito (1.120 gr/litro) e la solfatazione temporanea delle piastre.

Reazione anodica sull’elettrodo negativo
Pb + HSO₄¯ˉ → PbSO₄ + H⁺ + 2е¯
Reazione catodica sull’elettrodo positivo
PbO₂ + HSO4¯ + 3H⁺ + 2е¯ˉ → PbSO₄ + 2H₂O
Reazione complessiva di scarica
Pb + PbO₂ + 2H₂SO₄ → 2PbSO₄ + 2H₂O


Fase di carica


Collegando un generatore di corrente continua ai poli della cella il passaggio di elettroni si inverte causando lo spostamento forzato delle cariche elettriche negative dalle piastre positive a quelle negative con conseguente ripristino dei composti chimici iniziali e della differenza di potenziale elettrico. Questo avviene grazie alla reversibilità della reazione chimica nella cella piombo-acido: il solfato di piombo precedentemente depositato sulla superficie delle piastre si distacca e ritorna in soluzione riportando la densità della soluzione al valore iniziale di 1.270 – 1280 gr/litro.
NOTA
Il solfato di piombo è un cattivo conduttore della corrente. Depositandosi sulle piastre durante la fase di scarica ne aumenta la resistenza limitando, conseguentemente, il passaggio della corrente. A questo si aggiunge la perdita di conducibilità della soluzione elettrolitica dovuta alla diminuzione della densità per via dei composti sulfurei che si depositano sulle piastre durante la fase di scarica. Una cella carica ed efficiente presenta una resistenza interna molto bassa, mentre una cella scarica o invecchiata con solfatazione permanente presenta una elevata resistenza interna che ne riduce considerevolmente le prestazioni.

Reazione anodica sull’elettrodo negativo
PbSO4 + H⁺ + 2е¯ˉ → Pb + HSO₄¯

Reazione catodica sull’elettrodo positivo
PbSO₄ + 2H₂O → PbO₂ + HSO₄¯ˉ + 3H⁺ + 2е¯
Reazione complessiva di carica
2PbSO₄ + 2H₂O → Pb + PbO₂ + 2H₂SO₄

Componenti della batteria

Piastre o griglie

Costituiscono gli elettrodi della cella elettrolitica al piombo-acido. Il materiale di base è il piombo metallico: puro o in lega con altri elementi. Per applicazioni industriali o stazionarie dove le batterie sono sottoposte a cicli completi di carica e scarica viene utilizzato il piombo puro, mentre per applicazioni di tipo automobilistico vengono preferite alcune leghe di piombo tra cui prevalentemente il piombo-calcio. L’uso delle leghe di piombo consente di ottenere piastre sottili e ugualmente rigide che non si deformano al passaggio di correnti di forte intensità. Questa tecnologia permette di aumentare il numero di piastre per elemento e quindi la superficie di scambio ionico, cioè la conducibilità elettrica, a parità di quantità di piombo impiegato, facendo fronte alle condizioni critiche tipiche degli avviamenti a freddo senza dover ricorrere a batterie pesanti e voluminose. L’uso della lega di calcio introdotto qualche decennio fa ha permesso di ridurre il consumo di acqua durante i cicli di carica e scarica.

Le piastre positive sono costituite da piombo metallico ricoperto di biossido di piombo (PbO2) dal caratteristico color marrone scuro; quelle negative sono costituite da piombo metallico spugnoso (Pb) di colore grigio. Entrambe sono a griglia sottile per aumentare la superficie di scambio ionico con la soluzione elettrolitica diminuendo così la resistenza interna della cella.
Separatori
I separatori vengono posti tra le piastre positive e quelle negative allo scopo di evitare il contatto tra le piastre e il conseguente possibile corto circuito interno alla cella. La scelta del materiale è di primaria importanza per le prestazioni della batteria in quanto i separatori costituiscono un ostacolo al flusso di ioni tra le piastre. Vengono utilizzati diversi materiali atti a garantire l’isolamento meccanico tra le piastre senza però compromettere lo scambio ionico: PVC, polietilene, gomma porosa. La soluzione più diffusa è quella di racchiudere le piastre positive all’interno di buste di polietilene forate. Piastre positive dal caratteristico colore marrone scuro (a sinistra e piastre negative di colore grigio (a destra). 
Le buste evitano anche il contatto dei bordi delle piastre e limitano la sedimentazione sul fondo della cella delle particelle di biossido di piombo che si distaccano dalle piastre durante le reazioni chimiche di carica e scarica. L’accumulo di queste particelle sul fondo della cella nel tempo può causare un corto circuito tra le piastre e comunque aumento della resistenza interna.

Ponticelli porta-piastre

Servono da collettore per la corrente generata dalla reazione chimica sulle stesse piastre e da elemento di collegamento (in serie) con le piastre della cella vicina attraverso la connessione intercella. I ponticelli del primo e dell’ultimo elemento comprendono anche i poli terminali per il collegamento esterno della batteria.

Contenitore o corpo batteria

Realizzato solitamente in polietilene contiene le celle elettrolitiche (elementi della batteria), il coperchio con i fori di riempimento e gli sfiati, e le barre di fissaggio della batteria nell’alloggiamento previsto.
Coperchio termosaldato

Il coperchio termosaldato contiene le canalizzazioni di degassificazione per il recupero dell’acqua che si forma durante le reazioni chimiche e le dischi rompifiamma alle estremità. Uno dei due dischi deve essere tappato quando la batteria viene messa in esercizio per la prima volta. L’idrometro ottico indica lo stato di carica della batteria in base al colore che appare sul fondo.

Batteria piombo-acido

CENNI STORICI

La batteria piombo-acido (o accumulatore al piombo o accumulatore piombo-acido), inventata nel 1859 dal fisico francese Gaston Planté, è il tipo più vecchio di batteria ricaricabile, molto usata per automobili, moto e altri veicoli a motore per alimentare il motorino d’avviamento e le componenti elettriche di bordo. È formata da sei celle in serie, in grado di fornire una differenza di potenziale o forza elettromotrice totale, in piena carica, di 12,73 V a circuito aperto (2,13 V per la singola cella) e di 12 V quando è in funzione (2 V per la singola cella).
Inizialmente l’utilità dell’accumulatore non fu subito recepita, soprattutto in virtù del fatto che non esistendo metodi di produzione non chimica dell’elettricità, l’accumulatore poteva essere ricaricato solamente da altre pile. La cosa cambiò con l’invenzione della dinamo nel 1869.

FUNZIONAMENTO TECNICO




La batteria tipica per uso automobilistico comprende 6 celle elettrolitiche collegate in serie che forniscono una tensione nominale di 2 Volt ciascuno, per un totale di 12 Volt. Ciascuna cella, denominata elemento della batteria, comprende una serie di piastre (elettrodi positivi al biossido di piombo ed elettrodi negativi di piombo spugnoso), separate da un isolante immerse in una soluzione elettrolitica composta da acido solforico e acqua distillata. La tensione nominale fornita da ciascuna cella è di 2 Volt (2.1 Volt a vuoto). La capacità, ovvero la quantità di corrente che la cella può immagazzinare dipende dal peso, dal numero e dalle dimensioni delle piastre.



Un grazie ad Alessandro Volta

Questo post su Alessandro Volta era di dovere visto che grazie a lui oggi lavoriamo in questo campo, andiamo a vedere un po’ della sua storia.
Nato a Como, nell’antico palazzo situato nell’attuale via Volta,nel 18 febbraio 1745 da don Filippo e donna Maddalena dei conti Inzaghi, nel 1758 intraprende gli studi umanistici, di retorica e di filosofia presso la scuola dei gesuiti a Como.
Nel 1761 entra nel Regio Seminario Benzi di Como, dove conclude gli studi e stringe amicizia con il canonico Giulio Cesare Gattoni. Sarà quest’ultimo a incoraggiare la vocazione scientifica del giovane Volta, mettendogli a disposizione il proprio gabinetto di scienze naturali ospitato in una delle torri della cinta muraria comasca (poi nota come “Torre Gattoni“). Così i progetti dei familiari di avviarlo al sacerdozio o agli studi giuridici vengono definitivamente abbandonati.

Nel maggio 1796 i francesi entrano in Como. Su invito della municipalità, Volta rende omaggio al generale Napoleone Bonaparte in Milano. È accusato di favorire il trasferimento dell’Università da Pavia a Milano, accusa da cui si difende. Chiede di essere collocato a riposo, ma la richiesta viene respinta.
Gli studi con l’elettrometro condensatore.
All’avvicinarsi dell’armata francese l’università di Pavia viene chiusa dagli austriaci. Volta indirizza a Friedrich Gren di Halle tre lettere Sull’elettricità eccitata dal contatto dei conduttori dissimili, in cui descrive le proprie esperienze sull’elettricità di contatto utilizzando uno strumento di sua invenzione, l’elettrometro condensatore, capace di rilevare anche le più piccole quantità di elettricità.
Nell’aprile 1798 l’Università di Pavia viene riaperta con il sostegno di Parigi. Luigi Galvani pubblica le Memorie sull’elettricità animale, dedicate allo Spallanzani, in cui ribadisce le proprie tesi. Volta risponde con le sue Lettere del cittadino N.N. di Como, indirizzate all’Aldini. La controversia con i galvaniani è ormai insanabile.
L’invenzione della pila

Disegni della pila a corona di tazze e varie configurazioni di pila a colonna, inclusi nella lettera inviata da Volta a sir Joseph Banks per annunciargli la sua invenzione.

Rientrati in Lombardia gli austro-russi nell’aprile 1799, l’Università di Pavia viene soppressa e i suoi professori dimessi (molti addirittura incarcerati o proscritti). Volta fa ritorno a Como, dove “sulla fine dell’anno 1799”, giunge al “gran passo”, “passo che mi ha condotto ben tosto alla costruzione del nuovo apparato scotente”: è l’invenzione della pila.
In una comunicazione datata 20 marzo 1800 e indirizzata al presidente della Royal Society, sir Joseph Banks, Volta annuncia alla comunità scientifica l’invenzione della pila (o “apparato elettromotore” o “apparato a colonna”), da lui qui chiamata “organo elettrico artificiale” e paragonata all’organo elettrico del pesce Raja Torpedine. La comunicazione viene pubblicata sulle “Philosophical Transactions” con il titolo On the Electricity excited bv the mere Contact of conducting Substances of different Kinds. Dopo la vittoria a Marengo sugli austriaci (14 giugno1800), il primo console Napoleone Bonaparte riapre l’Università e reintegra i professori. Nel mese di giugno Napoleone conferma con decreto Volta professore di Fisica sperimentale nell’Università di Pavia e direttore del “Gabinetto di fisica”.
Nel 1819 Volta si ritira a vita privata, dividendosi tra Como e la casa di campagna di Camnago (successivamente Camnago Volta, in suo onore).
Il 5 marzo del 1827 Alessandro Volta muore nella sua casa di Camnago all’età di 82 anni.

ecco anche un video per approfondire.


Le fonti di questo articolo sono tratte da Wikipedia a questo link dove potete approfondire la storia di Alessandro Volta

Cella elettrolitica al piombo-acido

La prima batteria ricaricabile fu inventata dal fisico francese Gaston Plantè nel 1859. Si trattava di una cella elettrolitica al piombo-acido costituita da un elettrodo negativo di piombo (anodo) e un elettrodo positivo di biossido di piombo (catodo) immersi in una soluzione acida. I due elettrodi a lastra sottile separati da un foglio di gomma erano avvolti a spirale e posti in un contenitore di vetro contenente una soluzione di acqua e acido solforico. All’epoca le prime applicazioni delle batterie ricaricabili avvennero in campo ferroviario dove venivano utilizzate per l’illuminazione delle carrozze e ricaricate durante la sosta nelle stazioni. A differenze delle pile voltaiche la reazione chimica piombo-acido è reversibile e può essere ripetuta centinaia di volte all’interno della cella. Il piombo Pb e il biossido di piombo PbO2 degli elettrodi reagiscono chimicamente con l’acido solforico H2SO4 producendo solfato di piombo PbSO4 che si deposita temporaneamente su entrambi gli elettrodi durante la fase di scarica, ritornando poi in soluzione sotto forma di acido durante la fase di carica.

La Pila di Bagdad

Nel 1938, nel corso di scavi nei dintorni di Bagdad, l’archeologo tedesco Wilhelm König ritrovò una piccola giara di terracotta contenente un foglio di rame avvolto a cilindro con un’asta di ferro al centro. Si trattava di un manufatto risalente a oltre 2000 anni prima: concettualmente e strutturalmente una vera e propria cella galvanica. L’oggetto fu denominato pila di Bagdad, o pila dei Parti, dal nome della popolazione all’epoca residente nell’antica Mesopotamia (l’attuale Iraq).
Sezione della pila dei Parti – L’elettrolito era costituito da aceto e la pila veniva utilizzata molto probabilmente per la placcatura in argento di manufatti metallici.

Batterie – Principio di base: cella voltaica e cella elettrolitica

La batteria è il componente fondamentale dell’impianto elettrico degli autoveicoli: insieme all’alternatore fornisce l’energia elettrica necessaria per il funzionamento di tutti gli organi principali e dei sistemi elettronici dell’autoveicolo. La batteria accumula e fornisce corrente continua a bassa tensione all’impianto elettrico. 
Le batterie di accumulatori utilizzate in campo automobilistico sono quasi esclusivamente di tipo a cella elettrolitica al piombo-acido.
Come tutte le celle elettrolitiche (celle voltaiche o celle galvaniche) le batterie al piombo-acido sono basate sul principio della “coppia elettrolitica”. Due conduttori di metalli o materiali diversi immersi in una soluzione conduttrice di tipo salino, acido o alcalino generano una forza elettromotrice, denominata anche differenza di potenziale o tensione elettrica, che permette il passaggio della corrente elettrica in un circuito ad essi collegato.
La tensione caratteristica di ciascuna cella voltaica varia in funzione del materiale utilizzato per gli elettrodi (rame-zinco, carbone-zinco, nickel-cadmio, nickel-metallo idruro, argento-zinco, sodio-zolfo, etc…).

La prima cella in grado di produrre correnti elettriche stabili fu ideata e costruita dallo scienziato italiano Alessandro Volta nel 1800. Era costituita da un elettrodo di rame e uno di zinco immersi in una soluzione salina. Questo tipo di cella forniva una tensione di 1.1 – 1.5 Volt. Successivamente gli elettrodi immersi vennero sostituiti da coppie di dischetti di rame e zinco separati da un feltrino imbevuto di soluzione acida. Le coppie di dischi venivano poste l’una sull’altra formando una vera e propria pila (da cui la denominazione pila elettrica) dove si alternavano dischi di rame e dischi di zinco in contatto diretto in modo da realizzare un collegamento in serie che permetteva di sommare le tensioni prodotte dalle singole coppie.