La resistenza interna

La resistenza interna è un parametro poco considerato ma di grande importanza che influisce enormemente sulle prestazioni della batteria, soprattutto nelle condizioni critiche degli avviamenti a freddo e in presenza d impianti elettrici complessi con accessori e sistemi elettronici sofisticati e nei nuovi veicoli “Stop-Start”.
La resistenza limita il passaggio della corrente elettrica, soprattutto quando le richieste energetiche dell’impianto elettrico sono elevate, causando un abbassamento della tensione di esercizio dell’impianto con conseguenti possibili problemi ai sistemi elettronici particolarmente sensibili ai cali di tensione.
Esempio di resistenza con riduzione della pressione e della portata in un circuito idraulico

La resistenza interna della batteria dipende da svariati fattori tra cui:

Caratteristiche costruttive della batteria
– Capacità nominale
– Stato di carica
– Età e stato di manutenzione
– Solfatazione


Caratteristiche costruttive
– Numero e dimensioni delle piastre a parità di peso e volume della batteria e maggiori sono le superfici e le sezioni di passaggio della corrente elettrica, quindi minore resistenza
– Qualità dei materiali (resistività) e trattamento superficiale (resistenza)
– Permeabilità ionica del separatore (PVC, polietilene, gomma porosa, etc…)
Capacità nominale
– Maggiore è la capacità nominale in Ah più grande è la batteria, la capacità di immagazzinare corrente è funzione della quantità delle materie attive.

Stato di carica (quando è basso)

– La densità dell’elettrolito è bassa con conseguente riduzione della conducibilità elettrica
– Il deposito di solfato di piombo sulle piastre causa un aumento della resistenza

Età e stato di manutenzione

– Le particelle di biossido di piombo depositato sul fondo della cella tocca le piastre causando un aumento del rischio di corto-circuiti
– La solfatazione permanente delle piastre ne fa aumentare la resistenza
– La diminuzione della densità dell’elettrolito ne riduce la conducibilità elettrica
– Il basso livello dell’elettrolito riduce la conducibilità tra le piastre e favorisce la corrosione

Solfatazione

– Il deposito permanente di solfato di piombo sulla superficie delle piastre fa aumentare la resistenza delle piastre.
NOTA. La solfatazione può essere causata da una eccessiva scarica e/o dalla mancata ricarica della batteria e dalla prolungata esposizione a tensioni di cella inferiori a 1.8 V (10.8V per la batteria a 12V)

Esempio di piastre solfatate

Cristalli di solfato di piombo depositati sulle piastre

Ricarica delle batterie al piombo-acido

Curve caratteristiche di ricarica delle batterie al piombo-acido

La linea tratteggiata indica la corrente (A), mentre la linea continua orizzontale in alto indica la tensione (V). Nelle prime 3 ore di carica (Stage 1) la tensione aumenta fino al valore di cella carica (2.3 V circa) con una corrente di 1A costante (linea tratteggiata). Successivamente (Stage 2) la tensione si stabilizza mentre la corrente di carica diminuisce progressivamente fino alla completa ricarica della cella che avviene dopo circa 10 ore. Nell’ultima fase (Stage 3) la tensione di cella si stabilizza al valore nominale, mentre la corrente aumenta leggermente per compensare l’auto-scarica della batteria (corrente di mantenimento).

Metodo EIS Electrochemical Impedance Spectroscopy (analisi spettroscopica dell’impedenza elettrochimica)

Per evitare i tempi di attesa necessari per determinare lo stato di carica mediante il voltometro e considerando l’impossibilità di utilizzare l’idrometro con le batterie di nuova generazione nel corso degli anni sono stati sviluppati nuovi metodi e strumenti di misura dello stato di carica della batteria, decisamente più versatili, completi e veloci. Il metodo EIS alla base del funzionamento di alcuni strumenti di controllo delle batterie permette di misurare contemporaneamente la capacità nominale effettiva (Ah), e il SoC (stato di carica). Dopo aver selezionato la tensione e la capacità nominale lo strumento di misura invia sulla batteria un segnale in corrente alternata a 20-2000 Hz per 15 secondi.
Il risultato viene quindi elaborato in pochissimi secondi sulla base di modelli matematici molto complessi (a matrice multipla) che forniscono un dato attendibile al 90-95% indipendentemente dalla temperatura e dai tempi di riposo dopo una carica o un utilizzo della batteria. Lo strumento inserisce anche un carico di corrente costante fino a 30A in base alla tensione e alla capacità nominale della batteria precedentemente selezionate senza tener conto dello stato di carica attuale della batteria. Nel caso in cui viene rilevato un SoC inferiore al 40% lo strumento richiede di effettuare una ricarica completa della batteria e di ripetere la prova.

Densità – Tensione a vuoto

Densità


L’idrometro (o densimetro) è uno strumento semplice, economico e affidabile, ma ormai poco utilizzabile per via della sempre maggiore diffusione delle batterie sigillate non ispezionabili e di quelle al Gel o AGM con elettrolito solidificato o assorbito. La densità può essere misurata al momento o dopo un ciclo di carica lenta completa. Nel primo caso la densità indicherà lo stato di carica momentaneo, mentre nel secondo darà una indicazione dello stato di efficienza e di invecchiamento della batteria.






Tensione a vuoto

La tensione a vuoto è un buon indicatore dello stato di carica della batteria, ma non è sempre attendibile:

– Se la batteria è stata da poco sottoposta a un forte  carico elettrico (es. motorino di avviamento) la tensione a vuoto risulterà più bassa del valore effettivo, pertanto occorrerà aspettare circa mezz’ora per farla ripristinare;
– Se la batteria è stata ricaricata da poco la tensione  viceversa risulterà più elevata di quella effettiva, occorrerà pertanto attendere circa 6 ore per avere una misura attendibile.
Tensione di ricarica, corrente di ricarica e tempo di ricarica differiscono leggermente tra i diversi tipi di batteria (elettrolito liquido, Gel o AGM).
Tensione a vuoto della batteria a riposo in funzione della percentuale di carica

Stato di carica delle batterie e ricarica a valori costanti (batterie a elettrolito liquido)

Esempio di batteria da 100 Ah


Stato di carica della batteria compreso tra 80% e 90% – è opportuno ricaricare la batteria a 1/10 della capacità per 1 ora per stabilizzare la carica (es.: batteria da 100 Ah, ricaricare a 10 A per 1 ora)

La batteria deve essere ricaricata

Sotto i 12,2 V la batteria è in stato di solfatazione, quindi necessita di 2 fasi di carica
per sciogliere i solfati; è necessario controllare la tensione 12 ore dopo la fine della
carica completa per verificare che corrisponda ai valori di batteria carica

NOTA:
non impostare mai la ricarica oltre il 10% della capacità nominale della batteria

Stato di carica della batteria – S.o.C.

SoC – Stato di carica della batteria in rapporto alla densità e alla tensione. 
Se la batteria è già stata sottoposta a carica lenta completa i valori di densità rilevati si riferiscono allo stato di efficienza della batteria


Densità della soluzione elettrolitica in funzione della temperatura


Lo stato di carica S.o.C. è un parametro molto importante per il buon funzionamento e la durata e per la valutazione dell’efficienza di una batteria. Esistono vari metodi e strumenti per stabilire lo stato di carica di una batteria, ma per ottenere una misura attendibile è molto importante fare attenzione alle condizioni di prova (temperatura e tempo di riposo).

Funzionamento della batteria al piombo-acido

Fase di scarica


La batteria è inizialmente caricata chimicamente durante il processo di fabbricazione. Le piastre positive sono costituite da piombo ricoperto da biossido di piombo (PbO2), mentre quelle negative sono di piombo metallico poroso (Pb). Per via della diversa composizione chimica le due piastre costituiscono una coppia elettrolitica che genera una differenza di potenziale elettrico a contatto con la soluzione elettrolitica di acqua distillata (H2O) e acido solforico (H2SO4). La soluzione acida genera la reazione elettrochimica e assicura la conducibilità elettrica tra le piastre all’interno della cella.
Con la concentrazione standard di acido al 33%-38% la densità dell’elettrolito può variare da 1.250 gr/litro nei climi caldi a 1.300 gr/litro nei climi freddi.
Nella nostra zona temperata la densità dell’elettrolito si stabilizza intorno a 1.270 – 1.280 gr/litro. Collegando un utilizzatore R ai poli la differenza di potenziale tra gli elettrodi genera una corrente elettrica all’esterno e all’interno della cella, come si può vedere dalla figura. Il flusso di corrente esterno alla cella causa i tipici effetti della corrente elettrica: calore, luminosità, campo magnetico. Internamente la reazione elettrochimica tende a ristabilire l’equilibrio elettronico tra i due elettrodi carichi con polarità opposte, fino alla completa scarica della cella che si manifesta con la perdita di densità dell’elettrolito (1.120 gr/litro) e la solfatazione temporanea delle piastre.

Reazione anodica sull’elettrodo negativo
Pb + HSO₄¯ˉ → PbSO₄ + H⁺ + 2е¯
Reazione catodica sull’elettrodo positivo
PbO₂ + HSO4¯ + 3H⁺ + 2е¯ˉ → PbSO₄ + 2H₂O
Reazione complessiva di scarica
Pb + PbO₂ + 2H₂SO₄ → 2PbSO₄ + 2H₂O


Fase di carica


Collegando un generatore di corrente continua ai poli della cella il passaggio di elettroni si inverte causando lo spostamento forzato delle cariche elettriche negative dalle piastre positive a quelle negative con conseguente ripristino dei composti chimici iniziali e della differenza di potenziale elettrico. Questo avviene grazie alla reversibilità della reazione chimica nella cella piombo-acido: il solfato di piombo precedentemente depositato sulla superficie delle piastre si distacca e ritorna in soluzione riportando la densità della soluzione al valore iniziale di 1.270 – 1280 gr/litro.
NOTA
Il solfato di piombo è un cattivo conduttore della corrente. Depositandosi sulle piastre durante la fase di scarica ne aumenta la resistenza limitando, conseguentemente, il passaggio della corrente. A questo si aggiunge la perdita di conducibilità della soluzione elettrolitica dovuta alla diminuzione della densità per via dei composti sulfurei che si depositano sulle piastre durante la fase di scarica. Una cella carica ed efficiente presenta una resistenza interna molto bassa, mentre una cella scarica o invecchiata con solfatazione permanente presenta una elevata resistenza interna che ne riduce considerevolmente le prestazioni.

Reazione anodica sull’elettrodo negativo
PbSO4 + H⁺ + 2е¯ˉ → Pb + HSO₄¯

Reazione catodica sull’elettrodo positivo
PbSO₄ + 2H₂O → PbO₂ + HSO₄¯ˉ + 3H⁺ + 2е¯
Reazione complessiva di carica
2PbSO₄ + 2H₂O → Pb + PbO₂ + 2H₂SO₄

Componenti della batteria

Piastre o griglie

Costituiscono gli elettrodi della cella elettrolitica al piombo-acido. Il materiale di base è il piombo metallico: puro o in lega con altri elementi. Per applicazioni industriali o stazionarie dove le batterie sono sottoposte a cicli completi di carica e scarica viene utilizzato il piombo puro, mentre per applicazioni di tipo automobilistico vengono preferite alcune leghe di piombo tra cui prevalentemente il piombo-calcio. L’uso delle leghe di piombo consente di ottenere piastre sottili e ugualmente rigide che non si deformano al passaggio di correnti di forte intensità. Questa tecnologia permette di aumentare il numero di piastre per elemento e quindi la superficie di scambio ionico, cioè la conducibilità elettrica, a parità di quantità di piombo impiegato, facendo fronte alle condizioni critiche tipiche degli avviamenti a freddo senza dover ricorrere a batterie pesanti e voluminose. L’uso della lega di calcio introdotto qualche decennio fa ha permesso di ridurre il consumo di acqua durante i cicli di carica e scarica.

Le piastre positive sono costituite da piombo metallico ricoperto di biossido di piombo (PbO2) dal caratteristico color marrone scuro; quelle negative sono costituite da piombo metallico spugnoso (Pb) di colore grigio. Entrambe sono a griglia sottile per aumentare la superficie di scambio ionico con la soluzione elettrolitica diminuendo così la resistenza interna della cella.
Separatori
I separatori vengono posti tra le piastre positive e quelle negative allo scopo di evitare il contatto tra le piastre e il conseguente possibile corto circuito interno alla cella. La scelta del materiale è di primaria importanza per le prestazioni della batteria in quanto i separatori costituiscono un ostacolo al flusso di ioni tra le piastre. Vengono utilizzati diversi materiali atti a garantire l’isolamento meccanico tra le piastre senza però compromettere lo scambio ionico: PVC, polietilene, gomma porosa. La soluzione più diffusa è quella di racchiudere le piastre positive all’interno di buste di polietilene forate. Piastre positive dal caratteristico colore marrone scuro (a sinistra e piastre negative di colore grigio (a destra). 
Le buste evitano anche il contatto dei bordi delle piastre e limitano la sedimentazione sul fondo della cella delle particelle di biossido di piombo che si distaccano dalle piastre durante le reazioni chimiche di carica e scarica. L’accumulo di queste particelle sul fondo della cella nel tempo può causare un corto circuito tra le piastre e comunque aumento della resistenza interna.

Ponticelli porta-piastre

Servono da collettore per la corrente generata dalla reazione chimica sulle stesse piastre e da elemento di collegamento (in serie) con le piastre della cella vicina attraverso la connessione intercella. I ponticelli del primo e dell’ultimo elemento comprendono anche i poli terminali per il collegamento esterno della batteria.

Contenitore o corpo batteria

Realizzato solitamente in polietilene contiene le celle elettrolitiche (elementi della batteria), il coperchio con i fori di riempimento e gli sfiati, e le barre di fissaggio della batteria nell’alloggiamento previsto.
Coperchio termosaldato

Il coperchio termosaldato contiene le canalizzazioni di degassificazione per il recupero dell’acqua che si forma durante le reazioni chimiche e le dischi rompifiamma alle estremità. Uno dei due dischi deve essere tappato quando la batteria viene messa in esercizio per la prima volta. L’idrometro ottico indica lo stato di carica della batteria in base al colore che appare sul fondo.

Batteria piombo-acido

CENNI STORICI

La batteria piombo-acido (o accumulatore al piombo o accumulatore piombo-acido), inventata nel 1859 dal fisico francese Gaston Planté, è il tipo più vecchio di batteria ricaricabile, molto usata per automobili, moto e altri veicoli a motore per alimentare il motorino d’avviamento e le componenti elettriche di bordo. È formata da sei celle in serie, in grado di fornire una differenza di potenziale o forza elettromotrice totale, in piena carica, di 12,73 V a circuito aperto (2,13 V per la singola cella) e di 12 V quando è in funzione (2 V per la singola cella).
Inizialmente l’utilità dell’accumulatore non fu subito recepita, soprattutto in virtù del fatto che non esistendo metodi di produzione non chimica dell’elettricità, l’accumulatore poteva essere ricaricato solamente da altre pile. La cosa cambiò con l’invenzione della dinamo nel 1869.

FUNZIONAMENTO TECNICO




La batteria tipica per uso automobilistico comprende 6 celle elettrolitiche collegate in serie che forniscono una tensione nominale di 2 Volt ciascuno, per un totale di 12 Volt. Ciascuna cella, denominata elemento della batteria, comprende una serie di piastre (elettrodi positivi al biossido di piombo ed elettrodi negativi di piombo spugnoso), separate da un isolante immerse in una soluzione elettrolitica composta da acido solforico e acqua distillata. La tensione nominale fornita da ciascuna cella è di 2 Volt (2.1 Volt a vuoto). La capacità, ovvero la quantità di corrente che la cella può immagazzinare dipende dal peso, dal numero e dalle dimensioni delle piastre.



Un grazie ad Alessandro Volta

Questo post su Alessandro Volta era di dovere visto che grazie a lui oggi lavoriamo in questo campo, andiamo a vedere un po’ della sua storia.
Nato a Como, nell’antico palazzo situato nell’attuale via Volta,nel 18 febbraio 1745 da don Filippo e donna Maddalena dei conti Inzaghi, nel 1758 intraprende gli studi umanistici, di retorica e di filosofia presso la scuola dei gesuiti a Como.
Nel 1761 entra nel Regio Seminario Benzi di Como, dove conclude gli studi e stringe amicizia con il canonico Giulio Cesare Gattoni. Sarà quest’ultimo a incoraggiare la vocazione scientifica del giovane Volta, mettendogli a disposizione il proprio gabinetto di scienze naturali ospitato in una delle torri della cinta muraria comasca (poi nota come “Torre Gattoni“). Così i progetti dei familiari di avviarlo al sacerdozio o agli studi giuridici vengono definitivamente abbandonati.

Nel maggio 1796 i francesi entrano in Como. Su invito della municipalità, Volta rende omaggio al generale Napoleone Bonaparte in Milano. È accusato di favorire il trasferimento dell’Università da Pavia a Milano, accusa da cui si difende. Chiede di essere collocato a riposo, ma la richiesta viene respinta.
Gli studi con l’elettrometro condensatore.
All’avvicinarsi dell’armata francese l’università di Pavia viene chiusa dagli austriaci. Volta indirizza a Friedrich Gren di Halle tre lettere Sull’elettricità eccitata dal contatto dei conduttori dissimili, in cui descrive le proprie esperienze sull’elettricità di contatto utilizzando uno strumento di sua invenzione, l’elettrometro condensatore, capace di rilevare anche le più piccole quantità di elettricità.
Nell’aprile 1798 l’Università di Pavia viene riaperta con il sostegno di Parigi. Luigi Galvani pubblica le Memorie sull’elettricità animale, dedicate allo Spallanzani, in cui ribadisce le proprie tesi. Volta risponde con le sue Lettere del cittadino N.N. di Como, indirizzate all’Aldini. La controversia con i galvaniani è ormai insanabile.
L’invenzione della pila

Disegni della pila a corona di tazze e varie configurazioni di pila a colonna, inclusi nella lettera inviata da Volta a sir Joseph Banks per annunciargli la sua invenzione.

Rientrati in Lombardia gli austro-russi nell’aprile 1799, l’Università di Pavia viene soppressa e i suoi professori dimessi (molti addirittura incarcerati o proscritti). Volta fa ritorno a Como, dove “sulla fine dell’anno 1799”, giunge al “gran passo”, “passo che mi ha condotto ben tosto alla costruzione del nuovo apparato scotente”: è l’invenzione della pila.
In una comunicazione datata 20 marzo 1800 e indirizzata al presidente della Royal Society, sir Joseph Banks, Volta annuncia alla comunità scientifica l’invenzione della pila (o “apparato elettromotore” o “apparato a colonna”), da lui qui chiamata “organo elettrico artificiale” e paragonata all’organo elettrico del pesce Raja Torpedine. La comunicazione viene pubblicata sulle “Philosophical Transactions” con il titolo On the Electricity excited bv the mere Contact of conducting Substances of different Kinds. Dopo la vittoria a Marengo sugli austriaci (14 giugno1800), il primo console Napoleone Bonaparte riapre l’Università e reintegra i professori. Nel mese di giugno Napoleone conferma con decreto Volta professore di Fisica sperimentale nell’Università di Pavia e direttore del “Gabinetto di fisica”.
Nel 1819 Volta si ritira a vita privata, dividendosi tra Como e la casa di campagna di Camnago (successivamente Camnago Volta, in suo onore).
Il 5 marzo del 1827 Alessandro Volta muore nella sua casa di Camnago all’età di 82 anni.

ecco anche un video per approfondire.


Le fonti di questo articolo sono tratte da Wikipedia a questo link dove potete approfondire la storia di Alessandro Volta